Una microscopica gocciolina d'acqua che si deposita su un film elastico di silicone. Allungando e rilassando i loro film appositamente progettati, I chimici del Nebraska Stephen Morin e Ali Mazaltarim hanno dimostrato un controllo senza precedenti sul movimento delle goccioline di liquido su superfici piane. Tale controllo potrebbe rendere la tecnica utile nei materiali autopulenti, raccolta dell'acqua e altre applicazioni. Credito:Stephen Morin / Ali Mazaltarim
Una minuscola goccia d'acqua è in movimento, prendendo velocità mentre scivola lungo un tratto di sottile, terreno pianeggiante. bruscamente, colpisce un punto ruvido, l'equivalente microscopico dei dossi di velocità di vetro in cui la goccia si deposita e si ferma di colpo.
La gocciolina appare parcheggiata, ancorato in posizione. Ma a differenza delle loro controparti macro, questi mini dossi si appiattiscono facilmente. Stephen Morin lo avrebbe saputo; ha curato la loro costruzione. Quindi il chimico dell'Università del Nebraska-Lincoln procede ad allungare il materiale elastico su cui siedono, spianare la strada, e si spegne di nuovo la goccia, sfrecciando sulla superficie perfettamente orizzontale.
L'impresa stop-and-go è solo una delle tante che il Gruppo Morin ha svelato attraverso il suo ultimo matrimonio tra chimica e polimeri elastici. I frutti di quel matrimonio? Controllo senza precedenti sul trasporto di goccioline microscopiche, potenzialmente producendo nuovi approcci ai materiali autopulenti, tecniche di raccolta dell'acqua e altro, tecnologie più sofisticate.
Al centro dell'approccio del team c'è il concetto di bagnabilità, che si tratti di una goccia che si accumula o si distende su una superficie, rivelando quella superficie come idrofoba o idrofila, rispettivamente. Ispirato da alcune ricerche pionieristiche dei primi anni '90, Morin e il suo laboratorio hanno iniziato a creare gradienti di bagnabilità:superfici ricoperte da minuscole "rampe" chimiche che le rendono idrofobe da un lato ma idrofile dall'altro.
"Si scopre che se hai uno schema chimico del genere, quando metti una goccia all'estremità idrofoba, questo gradiente di bagnabilità spingerà spontaneamente la gocciolina verso il lato idrofilo, " disse Morin, professore associato di chimica al Nebraska.
Sebbene sia un fenomeno interessante a sé stante, Morin e il dottorando Ali Mazaltarim volevano vedere se potevano adattare quel trasporto passivo in un trasporto attivo, processo dinamico che si presterebbe meglio alle applicazioni. Si sono rivolti ai tipi di materiali elastici che il team di Morin ha rivestito con modelli chimici dal 2015, se creare superfici che riflettono la luce solo quando vengono allungate o filtrare le particelle in base alla forma.
Come spesso è successo in passato, la squadra è partita con un soft, pellicola di silicone flessibile. I ricercatori hanno allungato quel film prima di trattarlo con ozono ultravioletto per produrre uno strato microscopicamente sottile di silice, il componente principale della maggior parte del vetro. Hanno poi rivestito alcune sezioni della silice con densi boschetti di molecole idrorepellenti; altre sezioni sono rimaste per lo più o completamente spoglie, creando un gradiente di bagnabilità che potrebbe guidare le goccioline dall'idrofobo all'idrofilo.
Ottenere un controllo in tempo reale sul movimento di quelle goccioline era quindi una questione semplice e letterale di lasciar andare. Rilassando il film di silicone prestirato si sono introdotte rughe nella silice, simile a come un cerotto posizionato sul gomito di un braccio piegato si raggrinzisce quando il braccio viene raddrizzato. Il team di Morin sospettava che quelle rughe potessero introdurre una ruvidità sufficiente a rallentare la velocità delle goccioline, anche sui tratti idrofobici della superficie.
Gli esperimenti hanno confermato l'ipotesi:nel loro completamente rilassato, stato rugoso, i tratti idrofobici potrebbero fermare le gocce tutte insieme; nella loro totale tensione, stato liscio, traghettavano le goccioline come avrebbero fatto normalmente.
Da allora i ricercatori hanno affinato quel controllo allungando e rilassando i film per avviare e fermare le goccioline secondo per secondo. Hanno anche mostrato la capacità di sfidare la gravità, transporting droplets up inclines steeper than those reported in prior research.
Rough riders
Whether, and how fast, a droplet will move depends in part on the severity of a wettability gradient. When the transition from hydrophobic to hydrophilic occurs over a short distance, the droplets speed across the surface; when that transition stretches over a longer distance, the droplets lumber at a slower pace. The "steeper" the gradient, in altre parole, the greater the driving force and velocity of the droplets. Altri fattori, including droplet size, are well-known contributors, pure.
But the team was also finding that its acceleration and braking systems depended not just on the presence of the microscopic speed bumps, but also their height and spacing, both of which seemed to be influencing droplet velocity. From a mathematical and theoretical standpoint, the team realized, the roughness of the surface wasn't getting its due.
To better understand and predict how roughness was affecting droplet transport, Morin and Mazaltarim incorporated the variable into a couple of equations that are traditionally used to quantify the phenomenon. After some tweaking and experimental verification, their resulting model predicted the specific roughness needed to slow or stop a droplet of any given size—along with the minimum size needed to overcome that roughness and other factors that resist a droplet's movement.
Quella, a sua volta, allowed the team to craft surfaces that would transport larger droplets while leaving smaller ones in place, or trigger the departure of the latter only when stretching the elastic film beyond a certain threshold. And that, the team said, could prove useful in sorting different liquids for analytical or other purposes.
The ability of such a simple technique to yield such precise, predictable behavior makes it promising for a range of other applications, Morin said. The team has already illustrated its potential in self-cleaning materials by dirtying an elastic surface with metal dust, then stretching it to trigger a cascade of droplets that carried away all dust in their path. The harvesting of water for urban agriculture, livestock or potable water might benefit from a similar approach.
"You could imagine fabrics where you collect droplets at one section, " Morin said, "and then you actuate the surface, which then drives them to some sort of a storage container."
There's also the possibility of expanding on the functionality of materials that are designed to remove sweat from skin or droplets from other surfaces. The latter could potentially help cool energy-generating systems that produce sizable amounts of heat.
"A lot of research in that area focuses on hydrophobic and superhydrophobic surfaces that have unique heat-exchange properties, " Morin said. "One could use the evaporative cooling effect of sweat as inspiration. But we imagine a more active system, where you're literally using a droplet to collect heat and then actively moving it somewhere else to remove that heat.
"That's a good thing if you're actively trying to cool any sort of a device. This just presents a new way of achieving that type of outcome."
Further down the line, Morin sees promise for calibrating the technique to transport droplets in two dimensions rather than just one. Managing that, Egli ha detto, could make it a viable alternative in so-called lab-on-a-chip technologies that direct, mix and then analyze microscopic samples of liquids.
"We have the ability to really dial in the properties of the gradients and how they couple to the micro-texture of the surface, " Morin said. "So I think there's a lot of leeway in terms of how you design the system to get a specific performance outcome."
The team reported its findings in the journal Comunicazioni sulla natura .