• Home
  • Chimica
  • Astronomia
  • Energia
  • Natura
  • Biologia
  • Fisica
  • Elettronica
  •  science >> Scienza >  >> Astronomia
    Propulsori blu elettrici che spingono BepiColombo a Mercurio

    Due propulsori ionici sparano. Attestazione:QinetiQ

    A metà dicembre, i dischi gemelli inizieranno a brillare di blu sul lato inferiore di un'astronave delle dimensioni di un minibus nello spazio profondo. In quel momento la missione BepiColombo dell'Europa e del Giappone avrà appena compiuto un passo cruciale per avvicinarsi a Mercurio.

    Questa settimana vede la messa in servizio in volo e l'accensione di prova dei quattro propulsori – con uno o due accensioni alla volta – del sistema di propulsione elettrica solare su cui BepiColombo fa affidamento per raggiungere il pianeta più interno. Questo segna la prima operazione in volo del sistema di propulsione elettrica più potente e più performante volato su qualsiasi missione spaziale fino ad oggi.

    Ogni propulsore e le relative unità di elaborazione della potenza e controllo del flusso di propellente saranno testati a piena potenza per verificare che non si siano verificati effetti negativi dal lancio, culminando nelle prime operazioni con i propulsori gemelli, la configurazione da utilizzare per la maggior parte della missione.

    Il loro primo licenziamento di routine è previsto per la metà del prossimo mese, e il sistema di propulsione funzionerà ininterrottamente per tre mesi per ottimizzare la traiettoria del veicolo spaziale per il lungo viaggio verso Mercurio.

    Bepi Colombo, lanciato dallo spazioporto europeo nella Guyana francese il 20 ottobre, affronta una sfida diversa dalle precedenti missioni di scienze planetarie dell'ESA:è diretta verso l'interno, verso il Sole, non fuori, e ha bisogno di perdere velocità invece di guadagnarla.

    Come tutti gli oggetti del Sistema Solare, la navicella è in orbita solare, muovendosi perpendicolarmente all'attrazione della gravità solare. BepiColombo deve quindi rallentare attraverso una serie di manovre di frenata e passaggi ravvicinati, rendendolo più suscettibile alla gravità del Sole e facendolo avvicinare a spirale più vicino al cuore del Sistema Solare.

    Animazione che visualizza il viaggio di BepiColombo verso Mercurio. Credito:Agenzia spaziale europea

    La spinta prodotta dal sistema di propulsione elettrica serve a decelerare il veicolo spaziale, o in alcuni casi lo accelera per rendere più efficaci i passaggi ravvicinati in frenata. Non meno di nove sorvoli planetari della Terra (una volta), Venere (due volte) e Mercurio stesso (sei volte) sono necessari per posizionare la navicella spaziale multi-modulo in orbita attorno a Mercurio tra sette anni.

    Rimorchiatore spaziale

    La porzione del modulo di trasferimento del mercurio della navicella spaziale, contenente il sistema di propulsione, è in sostanza un "rimorchiatore spaziale" ad alte prestazioni. Il suo compito è quello di eseguire tutte le manovre di controllo attivo della traiettoria necessarie per trasportare le altre porzioni dello 'stack' di BepiColombo – il Mercury Planet Orbiter dell'ESA e il Mercury Magnetospheric Orbiter del Giappone – verso l'orbita di Mercurio.

    Le elevate prestazioni del sistema di propulsione, in termini di quantità di carburante richiesta dai propulsori, è critico. Il gas xenon inerte viene immesso nei propulsori, dove gli elettroni vengono prima strappati dagli atomi di xeno. Gli atomi caricati elettricamente risultanti, denominati ioni, vengono quindi focalizzati ed espulsi dai propulsori utilizzando un sistema a griglia ad alta tensione a una velocità di 50 000 metri al secondo.

    Questa velocità di scarico è 15 volte maggiore dei propulsori a razzo chimici convenzionali, consentendo una drastica riduzione della quantità di propellente necessaria per raggiungere la missione.

    "Il sistema di propulsione trasforma l'elettricità generata dai due pannelli solari lunghi 15 m del Mercury Transfer Module in spinta, " spiega l'ingegnere di propulsione elettrica dell'ESA Neil Wallace.

    Tiro di prova T6. Attestazione:QinetiQ

    "A piena potenza, si sviluppa una spinta equivalente al peso di tre monete da 1 euro, il che significa che i propulsori devono continuare a sparare per lunghi periodi per essere efficaci, ma in assenza di resistenza e presumendo che tu sia paziente, le manovre possibili e il carico utile trasportabile sono drammatiche".

    Elettrizzante propulsione spaziale

    I quattro propulsori T6 attorno ai quali è progettato il sistema di propulsione solare elettrica, hanno un patrimonio che risale a decenni. QinetiQ nel Regno Unito – ex Agenzia di valutazione e ricerca della difesa del Regno Unito e prima ancora Farnborough Royal Aircraft Establishment – ​​ha svolto ricerche sulla propulsione elettrica dagli anni '60.

    Il primo volo della loro tecnologia è arrivato con il propulsore T5 di 10 cm di diametro, un elemento chiave della missione GOCE di mappatura gravitazionale del 2009 dell'ESA, dove ha permesso al satellite di orbitare nella parte superiore dell'atmosfera terrestre per oltre tre anni, sfrecciare attraverso l'atmosfera diffusa all'altitudine orbitale senza precedenti necessaria per la missione.

    I propulsori T6 ingranditi hanno un diametro di 22 cm, l'aumento delle dimensioni richiesto per i maggiori requisiti di spinta e durata della missione BepiColombo. E a differenza del T5 di GOCE, questi propulsori T6 sono manovrabili, per gentile concessione dei sistemi gimbal sviluppati da RUAG Space in Austria.

    "Sono meccanismi intelligenti che complicano un po' la progettazione del sistema - tutti i cavi e i tubi elettrici devono attraversare un confine mobile - ma aggiungono molto alle prestazioni, " aggiunge Neil. "Essi assicurano che il vettore di spinta di un motore singolo o doppio attraversi il centro di gravità del veicolo spaziale, che cambia nel tempo man mano che il propellente si esaurisce."

    Test di governo del propulsore di propulsione elettrica del modulo di trasferimento del mercurio. Credito:ESA/ D.Tagliafierro (TAS-I)

    Le operazioni del propulsore sono controllate utilizzando due unità di elaborazione della potenza, la cui architettura è progettata per supportare l'accensione di due T6 contemporaneamente anche in caso di anomalia del sistema, garantendo la spinta massima di 250 mN può essere mantenuta.

    Iniettare intelligenza

    "L'intelligenza del sistema per il funzionamento autonomo dei propulsori proviene da queste Power Processing Units – contributo di Airbus Crisa in Spagna, " spiega Neil, "che forniscono le tensioni e le correnti regolate ai propulsori in base alle istruzioni del controllo a terra tramite il computer di bordo della navicella".

    Gli altri elementi chiave sono le unità di controllo del flusso del propellente, supervisionato anche dalle PPU, e il cablaggio elettrico ad alta tensione. Le FCU assicurano che i flussi corretti di gas xeno siano forniti ai propulsori e sono state sviluppate da Bradford Engineering nei Paesi Bassi per fornire portate programmabili.

    I vari elementi del sistema di propulsione sono stati sottoposti a test individuali e approfonditi delle prestazioni e delle qualifiche, che si sono infine conclusi in una serie di test eseguiti presso il sito di Farnborough di QinetiQ.

    Propulsion system. Credito:Agenzia spaziale europea

    Testing times

    The spacecraft configuration and the extreme nature of the BepiColombo mission – needing to function in thermal conditions akin to placing it in a pizza oven – often demanded similarly extreme test scenarios, pushing the solar electric propulsion technology and test facilities to their limits.

    "One important test early in the programme was to ensure that two thrusters could be operated in close proximity for prolonged periods without harmful interactions, " adds Neil. "They turned out to be remarkably tolerant of each other with no measureable effects."

    One of the biggest ironies of the thruster qualification for BepiColombo, heading close to the Sun, was the extreme minimum temperatures experienced by its ion thrusters.

    Neil explains:"Despite the fact the mission is headed to Mercury, the bulk of the spacecraft shadows the thrusters for very long periods and when not operating they naturally cool to temperatures way lower than ever tested in the past. We needed to prove they would turn-on and operate within specification when cooled to minus 150 C.

    "It was a remarkable testament to the robustness of the technology that even after temperatures sufficient to freeze the xenon in the pipes the thrusters were able to start and operate flawlessly."

    BepiColombo plasma simulation. Credit:ESA/Félicien Filleul

    End of the journey

    The propulsion system is dependent on the Mercury Planetary Orbiter's onboard computer for its control and command, so by itself it will not be able to function. Its ultimate fate is to be cast off, when the three-module BepiColombo stack separates before entering Mercury orbit, to circle the Sun indefinitely in the vicinity of the planet, letting the two science modules go to work.

    "At one point while planning the BepiColombo mission, the Mercury Transfer Module was planned to impact the planet, " Neil comments, "a sort of Viking funeral that seemed fitting to all of us engineers."

    Gridded ion thruster technology will have a life far beyond BepiColombo however, with commercial applications in development, e futuro, even more ambitious ESA science missions set to rely on the technology.


    © Scienza https://it.scienceaq.com