New York. Credito:littlenySTOCK/Shutterstock
I cambiamenti allo spazio urbano portati dal coronavirus hanno portato molte persone a chiedersi come potrebbe essere la città post-pandemia.
Per esempio, poiché le persone possono continuare a evitare la folla per paura di ammalarsi e più sono in grado di lavorare da casa, più persone lasceranno le città ad alta densità per le aree periferiche o rurali? Dopotutto, la ricerca mostra che la diffusione di COVID-19 è stata collegata alla densità urbana.
D'altra parte, l'alta densità potrebbe non essere necessariamente un problema di salute pubblica. Le città di Singapore e Hong Kong hanno densità maggiori rispetto a New York e Londra, ma sono riusciti a controllare la diffusione del virus attraverso azioni di gestione aggressive. Questi includono test precoci e ampia tracciabilità dei casi piuttosto che isolamento completo o messa in quarantena.
Il modello a lungo termine di crescente urbanizzazione, l'elevata densità urbana esistente e i benefici economici e culturali della vita urbana suggeriscono che non assisteremo a un esodo su larga scala dalle città alle aree rurali. Però, la pandemia può innescare modelli di trasferimento in aree a bassa densità all'interno della città o nelle sue periferie.
La città post-pandemia dovrà impiegare soluzioni urbane che permettano alle persone di socializzare, lavorare e vivere senza densità estremamente elevate, bilanciando compattezza urbana e espansione urbana.
Spazio personale
Attuali misure di distanziamento sociale, che ci chiedono di stare a uno o due metri di distanza, può essere considerato alla luce di quanto abbiamo appreso da antropologi e architetti sull'idea di distanza personale. La loro ricerca suggerisce che ognuno di noi ha una bolla invisibile ma protettiva intorno a noi, un'area che consideriamo solo nostra che si restringe e si espande man mano che cambiano le nostre attività e l'impegno con gli altri.
Non c'è dubbio che la pandemia avrà un impatto sul modo in cui vengono percepite le comode distanze sociali, e quell'impatto potrebbe essere permanente. Se le pandemie diventano eventi annuali o stagionali, la distanza personale potrebbe naturalmente diventare elastica. La nostra bolla personale si restringerebbe durante i periodi sicuri, e si espandono durante le epidemie.
Questa pandemia rimarrà nella nostra memoria per diverse generazioni. E poiché le pandemie e le nostre risposte ad esse diventano più in generale parte della psiche collettiva della società, emergeranno nuovi modelli comportamentali.
Il design biofilo porta la natura in città. Credito:Evanovostro/Shutterstock
Se vediamo una successione di periodi sicuri ed epidemie, ciò potrebbe tradursi in modelli di migrazione stagionale dalla città alle sue periferie o alle aree rurali dove l'interazione stretta con gli altri non è la norma. Però, questo sarebbe limitato a coloro che hanno i mezzi finanziari per lasciare la città.
Un'altra possibilità è che il mantenimento del distanziamento sociale, incoraggiare una minore associazione con gli altri negli ambienti urbani, può portare le persone a lasciare definitivamente i nuclei urbani delle città e trasferirsi nelle periferie.
Il centro della città potrebbe quindi diventare riservato alle sole attività commerciali ed economiche. Però, ciò solleverà domande sui trasporti e sull'impatto dell'aumento del pendolarismo quotidiano.
Un trasferimento su larga scala in periferia può aumentare le sfide con cui alcune città hanno lottato per decenni:un centro città vuoto dopo l'orario di lavoro, e i relativi problemi di reato, anonimato, distacco, segregazione, isolamento, e paura.
Natura e design
Un altro possibile risultato è un cambiamento nel modo in cui progettiamo le nostre città. Progettazione biofila, che si concentra sulla creazione di ambienti e luoghi curativi che supportano la salute e il benessere, aveva visto un'ondata di interesse anche prima della pandemia. Ha lo scopo di eliminare lo stress e l'ansia dall'ambiente costruito e incoraggiare un impegno consapevole con la natura.
Biophilic design involves embracing a visual connection with nature through well considered interaction with the outdoors. This can range from adding planted spaces and water features, to installing green walls on building facades, to simply positioning furniture to engage with views. But architects and planners need to consider how much is enough and would have a positive impact on people.
Engaging with nature, even just visually, has a positive impact on mental health. Given that there could be a growing preference for proximity to nature, because we see it as healthier or less of a health risk, it is likely that people will tend to favour environments that integrate the natural into the built environment.
Future city living seems to have arrived at our doorsteps. Where and how we live in cities will change after coronavirus. New norms of social encounters and a growing interest in biophilic design are just a few examples of this change. A successful post-pandemic city will effectively manage urban density and the needs of the people who inhabit it.
Questo articolo è stato ripubblicato da The Conversation con una licenza Creative Commons. Leggi l'articolo originale.