600 sensori posizionati sopra e intorno alle Alpi costituiscono la più grande rete sismografica accademica al mondo. Il progetto AlpArray consentirà una migliore comprensione della nascita delle Alpi e mappe omogenee di pericolosità sismica delle regioni alpine. Composto da 36 istituzioni di 11 paesi, il progetto è coordinato da scienziati dell'ETH di Zurigo e dell'Università di Losanna ed è sostenuto dal Fondo nazionale svizzero per la scienza (FNS).
"Utilizziamo stazioni estremamente sensibili", spiega György Hetényi, Professore del FNS all'Università di Losanna e primo autore della pubblicazione che illustra in dettaglio l'implementazione della rete. "Le stazioni possono rilevare un lieve terremoto in Giappone, nonché migliaia di eventi sismici che si verificano ogni anno in Svizzera, Il 99% di cui la popolazione non è a conoscenza".
L'obiettivo primario del progetto è quello di comprendere meglio la struttura e la composizione della litosfera (fino a un centinaio di chilometri sotto le Alpi) e del mantello superiore della terra (fino a 660 chilometri). È a queste profondità che si trovano le tracce di antichi fondali oceanici vecchi di decine di milioni di anni. I movimenti tettonici continuano in superficie e producono gli attuali terremoti nelle regioni alpine, spiega Hetényi. I dati raccolti consentono di confrontare e standardizzare i cataloghi degli eventi tenuti dai paesi europei, e quindi affinare le stime di probabilità per i terremoti.
Duemila metri sotto il mare
La metà della rete è costituita da sismografi fissi esistenti. L'altra metà comprende sensori mobili, distribuiti durante i due anni del progetto e collocati sia interrati che in fienili in alpeggio. "Convincere i nostri partner a rendere disponibili così tante stazioni contemporaneamente non è stato facile, ma è l'unico modo per creare questa rete e tenere comunque sotto controllo i costi. Solo quattro paesi hanno dovuto acquistare nuovi sensori." Lanciato dalla Svizzera, AlpArray è gestito da Edi Kissling e Irene Molinari dell'ETH di Zurigo, John Clinton del Servizio Sismologico Svizzero e György Hetényi dell'Università di Losanna. La parte svizzera del progetto è sostenuta da un contributo Sinergia del FNS.
I sensori sono stati collocati in una rete esagonale, analogo alla struttura cellulare di un alveare. "Era il modo più efficiente per ottenere una geometria densa considerando le stazioni fisse", spiega Hetényi. "Nessuna parte della regione studiata dista più di 30 chilometri da un sensore". AlpArray si estende per oltre 200 chilometri intorno alle Alpi, dai Pirenei all'Ungheria e da Francoforte alla Corsica. Trenta sensori sono stati installati sul fondo del Mar Mediterraneo. "Solo dopo averli ripescati lo scorso febbraio abbiamo avuto la conferma che avevano funzionato correttamente, perché la colonna d'acqua sopra di loro impedisce la trasmissione wireless", dice Hetenyi. La stazione più profonda è a 2771 metri sotto il mare; la più alta si trova a 3005 metri di altitudine.
Un "ecografia" delle Alpi
Mappare la struttura alpina è come fare un ultrasuono:i sensori registrano l'eco delle onde sismiche che si riflettono negli strati profondi della Terra. Il confronto dei tempi di arrivo delle onde a diversi sensori consente ai ricercatori di triangolare la posizione dello strato e la sua composizione, poiché quest'ultimo influisce sulla velocità di propagazione delle onde.
Le scosse registrate provengono da piccoli eventi sismici in Europa e terremoti moderati in tutta la Terra. La rete può persino utilizzare il rumore ambientale, come dalle onde del mare, ottenere informazioni sulle strutture geologiche vicine alla superficie, fino a qualche decina di chilometri di profondità.
La rete AlpArray è pienamente operativa da luglio 2017. I primi risultati sono attesi nel 2019.